IN PRINCIPIO ERA IL VERBO (GV. 1-18)
Chi conosce questa artista, sa che i suoi lavori sono costruiti e pensati attraverso una progettazione, tutti, utilizzando il LIA CODE, un linguaggio a 7bit che nelle prime macchine informatiche trasformavano le parole in codici binari.
L’origine di tutto questo è un moto di ribellione all’uso moderno della parola, spogliata della sua verità e utilizzata per identificare. Questa trasformazione, in atto da almeno mezzo secolo della nostra storia, sembra seriamente l’avverarsi profetico della Neo Lingua di cui narra Orwell nel suo capolavoro distopico “Il Grande Fratello”.
Ogni opera della Polato cela, nelle ricorrenze dei segni geometrici, parole compiute, sviluppate appunto, attraverso il codice a 7bit. Nelle sue opere troveremo scritto, per esempio, il nome di Artemisia o lettere dell’alfabeto o ancora frasi, se sapessimo leggere questo linguaggio, se, quindi, simbolicamente riuscissimo a entrare nel vero significato della parola.
LA PAROLA E IL SUO SIGNIFICATO
Il significato delle parole nascoste nelle opere di Liala Polato va comunque oltre il messaggio specifico che l’autrice vuole dare. Perché se è vero che nella storia dell’arte recente le parole sono state inserite in maniera esplicita dagli artisti, primo su tutti, l’immenso Boetti, con i suoi arazzi, ma anche Merz e suoi epigoni, o Nannucci, un certo graffitismo o alcune declinazioni della Pop Art, se è vero questo, dicevamo, è vero anche che nel caso specifico delle opere della Polato, il messaggio è invece celato, è intrinseco, è letteralmente, nel doppio significato di questa parola, cifrato.
L’artista Liala Polato
Questa operazione pone una questione importante e pone ragionamenti intorno proprio al lavoro di questa artista, che è un lavoro sul linguaggio, sulla sua decifrabilità in relazione alla comunicazione.
Tutto questo pone la questione della “leggibilità” dell’opera, nel senso della sua comprensione e della sua fruibilità. Analizziamo: l’opera d’arte è un “oggetto” estetico, sempre; su questo ci siamo. In quanto tale, nella maggior parte dei casi, la fruizione può essere esperita indipendentemente dal significato o dal messaggio che l’autore ci vuole proporre.
UNA RIFLESSIONE SUI CODICI NELL’ARTE
Il LIA CODE nell’opera “Artemisia”
Il rapporto visivo con l’opera d’arte è sempre lo strumento con il quale lo spettatore si relaziona ad essa, ma il rapporto visivo, è un rapporto sensoriale, tant’è vero che esistono forme di arte per non vedenti, altre fatte di stimoli cinetici, musica e altre forme ancora dell’arte che stimolano gli aspetti sensoriali. Questi fatti sono così importanti che dai ragionamenti intorno alla percezione sono nati nuovi generi dell’arte, come per esempio l’Op Art, o Optical Art (Vasarely, Olson, Sobrino). Rimane da fare la considerazione se sia, ipoteticamente, giusto o meno, se sia coerente, celare allo spettatore, o differire, significati nelle opere.
Già nel rinascimento e anche prima, gli artisti inserivano codici e simboli nelle opere, per divertissement, per ribellione (come nel caso della Polato) o per compire azioni esoteriche. In ogni caso sono operazioni su codici, codici segreti o codici imposti dalla necessità comunicativa, che a volte avevano anche funzioni iniziatiche o gnostiche.
LO SPIRITO DELL’ARTE DI POLATO
È per questo che dobbiamo guardare con particolare ammirazione alle opere di Liala Polato, perché mentre nei generi in cui il linguaggio è esplicito o funzionale alla percettività, nel suo caso la ricerca è volta su due fronti, quello di un assemblaggio estetico, formale, nel senso di forma e di regola data (il LIA CODE) e l’altro, propriamente comunicativo.
C’è tanto Aristotele in tutto questo. La ricerca dell’essenza della parola, nell’arte della Polato, richiama al concetto di principio primo della materia, Ilè, in antico greco, parola che inventa Aristotele, che significava legno, che guarda caso è il materiale d’elezione della Polato, e che diventa materia prima, principio primo e interiore alle cose, che contiene il logos, la parola.
“in principio era la parola (il logos)”,dice il vangelo di Giovanni, ciò da cui tutto scaturisce.
Federico Caloi
Maggio 2021
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