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Ciò che stupisce nei lavori di Liala Polato…

Presentazione catalogo e recensione critica.
Ciò che stupisce nei lavori di Liala Polato è il riconoscerla dentro ognuno di essi: non si possono infatti osservare le sue opere senza percepire il suo afflato ideativo, la sua ricerca di armonia e la sua potenza creativa. È come se la materia si facesse ancora più malleabile per seguire un’idea, sia che si tratti di un ricordo, che di un’immagine evocativa.
Polato ha creato, per potersi esprimere al meglio, un linguaggio proprio, il Lia_Code codificato dal sistema binario, che le permette di andare oltre ciò che la superficie racchiude, fino a giungere a dimensioni altre, che liberano dalla bidimensionalità imposta dal supporto; la conseguenza è che il riguardante può trovarsi dentro l’opera, esserne parte, con la piena consapevolezza di aver contribuito alla costruzione della bellezza.
Il suo catalogo è, allo stato attuale, costituito da cinque sezioni.
Comunicazione edificante – Portali racchiude in sé tutta la ricerca dell’artista che, attraverso l’uso sapiente di colori e forme, porta alla luce verità nascoste, ma intellegibili. Ed è così che la luce e il buio si compenetrano fino a farsi verità e il rosso e il blu spingono alla scelta, mettendoci davanti alla possibilità di trovare, con coraggio, la via. Ma è soprattutto grazie alle porte che la vis poetica si fa evidente: in maniera quasi ossimorica, la porta diviene apertura e non chiusura, stimolo e non limite. Ci si può guardare attraverso, si può oltrepassare per raggiungere un altrove… L’artista sembra aver fatto proprie le parole del poeta William Blake: “Quando le porte della percezione si apriranno, tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite”. Questo sono infatti i pertugi sulle sue superfici modellate: vie per la percezione dell’infinito. E così bisogna farsi carico della sfida, affidandosi con fiducia al percorso da lei tracciato, per riuscire a toccare l’infinitezza del reale.
Le Fenici esprimono, invece, la potenza della rinascita: “Ciò che diciamo principio/spesso è la fine, e finire/è cominciare” scrive Thomas Stearns Eliot, per sottolineare come, molto spesso, sia questione di prospettive. E Polato riesce a cogliere questo dinamismo, attraverso volute che morbidamente si distendono alla ricerca di uno spazio da occupare, tese verso l’alto, con la consapevolezza di rendere visibile il legame tra terra e cielo, tra umano e divino. Straordinari poi i mandala della fenice alata, che sono davvero rappresentazioni dell’universo, sia quello reale, che quello immaginifico dell’artista.
La Ricerca dell’origine ha il suo senso nell’inesausta volontà umana di trovare risposte e il recupero della forma perfetta dell’uovo, che racchiude in sé ogni inizio, diventa preziosa testimonianza di come l’essere umano si interroghi in continuazione su ciò che lo muove, il sentimento delle cose. Dove nasce infatti il sentimento, si chiede l’artista? La risposta è di disarmante bellezza: essere vita è sentimento.
Omaggi è un dialogo evocativo con alcune personalità che hanno segnato il nostro vissuto: ogni immagine è la chiara rappresentazione della vita del personaggio ricordato, con un particolare affetto per alcune figure femminili, del passato e del presente, che hanno fatto la differenza. La sensibilità di Polato riesce a cristallizzare gli intrinseci valori umani dentro una forma, facendola pulsare di vita attraverso i colori.
Paesaggio delle ombre è manifestazione di rigore geometrico: linee verticali che sembrano dividere rigidamente lo spazio, ma ad un’osservazione più attenta diventano vie di fuga, dando al riguardante la possibilità di osservare la realtà da prospettive diverse. Ed è così che il bianco e il nero divengono cifre di comprensione dell’interiorità umana: luci e ombre che, in un simbolico abbraccio, svelano la complessità e la bellezza di ogni esistenza.
Simbologie, infine, è il percorso in cui l’artista si muove con inveterata sicurezza: il simbolo infatti le permette di trovare i significati nascosti e sottesi alla vita. “La natura è un tempio in cui viventi/colonne lasciano talvolta sfuggire/confuse parole; l’uomo vi passa,/attraverso foreste di simboli,/che lo guardano con sguardi/familiari”. Baudelaire scrive così nella poesia Corrispondenze ed esprime in questo modo l’intimo legame che unisce uomo e natura. Allo stesso modo, Liala Polato passa attraverso foreste di simboli e ricambia gli sguardi, con fierezza e consapevolezza, nella convinzione che questo sia il compito dell’artista. La radice etimologica più antica di questa parola, infatti, è ar, che significava andare, mettere in moto. Lei fa proprio questo: va, cerca, e mette in moto, suscitando in chi ha la ventura di incontrarla nelle sue opere una congerie di sentimenti che smuovono l’animo nel profondo, nella consapevolezza di aver toccato con mano la bellezza.

Dott. Federica Mingozzi
Aprile 2020

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